Il 20 dicembre il Department for Digital, Culture, Media & Sport britannico ha deciso che internet è un diritto fondamentale, al pari dell’acqua e all’elettricità imponendo ai provider che operano sul territorio di mettere i cittadini in condizione di accedervi mediante banda larga entro il 2020.
Il segretario alla Cultura Karen Bradley ha commentato la decisione nel modo più neutro e diplomatico possibile, evidenziando solo “quanto sia importante la banda larga per le case e le imprese e vogliamo che tutti traggano vantaggio da una connessione veloce e affidabile. Tutto questo fa parte del nostro lavoro per garantire che l’infrastruttura di telecomunicazioni della Gran Bretagna sia adatta per il futuro e continuerà a fornire la connettività di cui i consumatori hanno bisogno nell’era digitale” .
Fare rientrare internet nell’elenco delle risorse primarie dei cittadini è un modo per incentivare la neutralità della rete e, ancora prima, garantendo a tutti una banda di almeno 10 megabit per secondo, velocità giudicata sufficiente per una famiglia, si vuole lanciare (o rilanciare) l’adeguamento al digitale dei singoli cittadini.
I 10 megabit al secondo devono essere garantiti a tutti, a prescindere dal luogo in cui i cittadini vivono, una scommessa di rilievo che – entro il 2020 – deve superare l’annoso problema della volontà dei fornitori di acceso internet di concentrarsi soprattutto sulle aree più densamente popolate. Mentre in America la Federal Communication Commission ha dato una picconata alla neutralità della rete, il Regno Unito corre ai ripari con una norma tesa a scongiurare una diffusione della medesima mentalità.
La decisione britannica aiuta a catapultarci in un’epoca internet-centrica. L’Italia nel 2010 ha proposto, grazie al volere di Stefano Rodotà, di inserire nella Costituzione l’articolo 21-bis il quale recita: “tutti hanno uguale diritto di accedere alla rete internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale” . Nel giugno del 2014 la Corte suprema americana ha sancito che i dispositivi mobili sono propaggine del corpo umano e, come tali, non possono essere perquisiti o violati senza un appropriato consenso delle autorità.